Crimini di guerra


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Un pezzo nascosto di storia italiana del Novecento
I generali italiani e gli Ebrei sloveni e croati:
campi di concentramento e "massa di manovra".

Il 28 ottobre 1941 l'Alto Commissario per la provincia di Lubiana (ovvero l'autorità politica), Emilio Grazioli invia un documento al comando dell'XI CdA. (comandante gen. Robotti), in cui detta ulteriori disposizioni per l'intensificazione "delle misure di prevenzione e di repressione, già adottate dai competenti organi di polizia, in relazione all'accentuarsi di attentati da parte di terroristi isolati o riuniti in gruppi".
Tra le determinazioni, per prima viene disposta "l'espulsione o internamento di tutti gli ebrei e cittadini di stati nemici, residenti nella Provincia" e successivamente "l'adozione di provvedimenti di polizia a carico degli elementi sospetti o indesiderabili".

Quindi l'autorità politica mette sullo stesso piano cittadini sloveni di religione ebraica (anzi li indica prima nell'elencazione) con cittadini di stati nemici, considerandoli inoltre più pericolosi di elementi sospetti.
Si tratta di un'anticipazione di quello che scriveranno i gerarchi fascisti della Repubblica Sociale Italiana nel 1944 al Congresso di Verona, aprendo la strada ad una più intensa collaborazione con i nazisti nella deportazione ed eliminazione delle persone di religione ebraica.
Da notare che il fascista Grazioli non esprime motivazioni politiche: viene dato per scontato che un individuo, in quanto di religione ebraica, deve essere pericoloso per l'ordine pubblico e per "gli interessi italiani".

I supremi comandi militari fanno ancora di più il 20.7.1942 in una comunicazione il gen. Roatta scrive al gen. Robotti: "V. E. disponga infine per l'internamento di quegli abitanti di Lubiana a cui ha accennato il podestà e di cui darà la lista (ebrei, emigrati dalla Germania ed Austria, etc.)".
Non solo gli sloveni, ma anche gli ebrei di lingua tedesca sfuggiti alle persecuzioni dei nazisti sono pericolosi e vanno rinchiusi nei campi di concentramento.

Ma nell'estate del 1943 gli ebrei rinchiusi nei campi di concentramento della Dalmazia come internati "protettivi", diventano oggetto di particolare interesse per i generali; vengono infatti riuniti tutti ad Arbe e le loro condizioni sono oggetto di alcune corrispondenze interne.

Il 10 luglio, l'ufficio Affari civili del comando II armata scrive all'Intendenza della stessa armata, riguardo la "sistemazione ed il trattamento degli ebrei nel campo di Arbe", dopo essere stato sollecitato da "varie istanze" presentate da questi detenuti.

Viene premesso che le condizioni degli ebrei, prima del loro concentramento ad Arbe, erano "di una certa libertà e di una comoda sistemazione" nei campi di Porto Re (dipendente dal V CdA), Kupari, Mlini, Gravosa, Mamula (dal VI CdA), Lesina, Brazza (dal XVIII CdA), ovvero stavano meglio prima di passare sotto la gestione dell'Intendenza della II armata.
Quindi l'alto ufficiale scrive: " ... non si può pensare che questa massa di 2700 ebrei - politicamente - debba essere rigidamente considerata in modo uguale agli altri internati civili: non perchè gli occhi dei loro consanguinei, nemici nostri, siano ogn'ora rivolti a costoro, ma perchè effettivamente sotto l'aspetto politico, possono, costoro, costituire una propizia opportuna massa di manovra." e conclude: "Gli ebrei dell'Armata costituiscono una massa di 2700 persone che hanno i doveri tutti degli internati civili a scopo protettivo, uguale trattamento, ma per particolari, eccezionali motivi, contingenti e politici, si ravvisa opportuno concedere - nell'intangibile disciplina - un trattamento sentitamente "italiano" per cui se è stata usata loro dalla nostra autorità militare una gentilezza, questa sia intera, non a metà."
Gli archivi dell'USSME indicano che queste persone provengono dalla Croazia: sono quelli riusciti a scampare alle stragi degli ustascia.

Ma perchè questi non sono da considerarsi nemici, come i "loro consanguinei"?

A scanso di equivoci la lettera conferma la convinzione razzista che ha sostenuto le leggi razziali italiane del 1938: "quella che fu una vita agiata per molti vissuta da milionari", ovvero traducendo: gli ebrei (molti) sono ricchissimi e hanno accumulato questi milioni sfruttando, come parassiti, il popolo.
Si può notare inoltre come vengano ribaditi ben tre volte i termini "politico" e "massa" con l'illuminante aggiunta del "di manovra".
Quindi questi ebrei sono importanti proprio in quanto "proprizia opportuna massa di manovra" ovvero di scambio in una trattativa con gli eserciti alleati che ormai stanno vincendo la guerra. Infatti gli anglo-americani sono già sbarcati in Sicilia (il 9 luglio) e gli alti comandi della II armata non possono essere del tutto all'oscuro della prossima caduta di Mussolini, che avverrà il 25 luglio e porterà al Governo un importante generale, già zelante interprete dei progetti stragisti del Duce in Africa, il maresciallo Badoglio.

A conferma di questa interpretazione si può analizzare una seconda comunicazione sempre dei medesimi soggetti, ma questa volta vistata direttamente dal comandante della II armata, gen. Robotti ("Va bene").
In questa del 18.8.1943 si chiarisce la specificità degli ebrei internati ad Arbe rispetto agli ebrei detenuti in altri campi di concentramento "in Italia o territori annessi".
"Nell'Era Nuova, non fascista" è stata disposta la "dismessione degli ebrei" dai campi, che "vengono "tradotti" nella località di destinazione con scorta". Ebbene questo accompagnamento coatto non deve "essere applicato per gli ebrei che ora, occasionalmente, si trovano ad Arbe".
L'importanza delle agevolazioni da concedere a questa "massa di manovra" è tale, che porta lo scrivente addirittura a sottolineare che l'Intendenza "persiste ad usare un trattamento uguale a quello dei repressivi" e quindi severo.
Si tratta di un chiaro tentativo di scindere le proprie responsabilità, scaricando tutto sull'Intendenza che gestisce il campo di concentramento.
Ma, occorre notare che lo stesso estensore della lettera, alto ufficiale del comando della II armta, ha appena implicitamente ricordato che l'Intendenza è di fatto alle proprie dipendenze (questi ebrei "dipendono unicamente dal Comando della 2 Armata").

Viene ribadito inoltre che questa "massa" di ebrei era stata oggetto di contenzioso con l'autorità croata e tedesca (autunno del 1942) e che, per decisioni di "carattere politico", l'autorità italiana si oppose a consegnarglieli, poichè sapeva che sarebbero andati incontro a "deportazione per la "mattanza" o soppressione".
Un particolare curioso è dato dal fatto che questi deportati protetti, nei dati riportati dai militari stessi, stranamente continuano a crescere: 2.549 (nel rapporto del 27.6.43), 2.700 (nella prima lettera del 10.7.43), 3.000 (nella seconda lettera del 18.8.43); forse una cifra arrotondata in eccesso era una presentazione più incisiva della magnanimità profonda dei generali.

In conclusione gli ebrei croati, scampati allo sterminio tra il 1941 e il 1942, diventarono un prezioso "biglietto da visita" che gli alti vertici militari volevano usare sia per le trattative segrete in corso con gli Alleati, sia per affrontare con un'immagine più "pulita" l'imminente dopoguerra.
Non a caso la linea di difesa espressa nella Memoria della Commissione d'inchiesta per i presunti criminali di guerra del Governo italiano, era basata sulla tesi che i delitti "più atroci, le barbare distruzioni di interi villaggi e di edifici" furono opera dei gruppi etnici in lotta fra loro, mentre "le nostre Autorità di occupazione" intervennero "per assicurare una vita pacifica alle popolazioni".

Con questa manovra "politica" gli alti generali cercavano di trasformarsi dai razzisti persecutori che avevano internato migliaia di ebrei jugoslavi nei campi di concentramento militari, nei salvatori dei poveri ebrei scampati, ma ancora minacciati di sterminio dagli ustascia e dai nazisti.