Crimini di guerra


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Un pezzo nascosto di storia italiana del Novecento

P R E M E S S A

  Questa Commissione istituita con decreto 6 maggio 1946 allo scopo di indagare su1 comportamento degli organi militari e civili dello Stato italiano nei territori occupati di oltre confine onde proporre gli opportuni provvedimenti a sensi di legge, si è subito messa all'opera prendendo anzitutto in esame numerosi documenti apprestati dai Ministeri degli Affari Esteri e della Guerra e disponendo ulteriori indagini per la ricerca delle eventuali responsabilità.
  A tale complesso e delicato esame la Commissione si è proposta di procedere con il più assoluto criterio di obbiettività, per venire incontro anzitutto alle aspettative del popolo italiano, il cui tradizionale senso di giustizia esige un rigoroso accertamento delle responsabilità e la punizione di tutti coloro che si fossero resi colpevoli di veri e propri crimini di guerra; d'altra parte la Commissione è stata conscia delle ripercussioni che le sue conclusioni potrebbero avere sui rapporti internazionali dato l'obbligo di ogni Stato di far rispettare le leggi e gli usi di guerra e di punirne i violatori, e dati anche gli impegni specifici che in questo campo sussistono per l'Italia e che essa intende pienamente seguire.
  Quanto alla determinazione del concetto di "crimine di guerra", che tanta importanza ha acquistato nel recente conflitto, la commissione ha tenuto costantemente presente i precisi e dettagliati canoni contenuti sia nella legge italiana di guerra sia nel codice penale militare, constatando a tale proposito:
  1) - che essi sono pienamente rispondenti alle norme convenzionali e consuetudinarie che regolano la condotta della guerra secondo il diritto internazionale, accogliendo anzi in diversi punti fondamentali (come quello, ad esempio della punibilità; in taluni casi anche degli esecutori di ordini superiori) soluzioni rigorose, non ancora accettate con uguale evidenza nelle recenti legislazioni di guerra di molti paesi;
  2) - che essi sono espressi con particolare chiarezza e non potevano non essere conosciuti, come norme indiscutibilmente obbligatorie dagli organi dello Stato italiano della cui attività; si tratta.-
  La Commissione infine ha tenuto nel debito conto la complessità; della situazione politica e militare nell'ambito della quale l'attività dei suddetti organi si è venuta a svolgere; non ha però considerato tale complessa situazione come una scusante od attenuante generica, ritenendo che spetti all'Autorità giudiziaria di accertare, con i suoi maggiori poteri d'indagine, il concorso di quelle circostanze che possono essere considerate come discriminanti secondo le norme del diritto positivo interno ed internazionale. -


JUGOSLAVIA

  Nella premessa generale della relazione sui criminali di guerra si è accennato da questa Commissione ai criteri ai quali ha creduto di inspirarsi nell'esame del comportamento delle Autorità Militari e Civili e dei loro dipendenti nei territori occupati di oltre confine, ai fini di una eventuale loro denuncia ai competenti organi giurisdizionali pel relativo giudizio, si è detto come in proposito essa ha anche tenuto nel debito conto il particolare ambiente in cui le persone indiziate come colpevoli di crimini di guerra ebbero a svolgere la loro attività.-
  Inspirandosi precisamente ai suddetti criteri, la Commissione ha iniziato il suo lavoro prendendo anzitutto in esame la condotta degli Italiani in Jugoslavia, Paese dal quale vengono mosse le più gravi accuse alle nostre truppe ed alle Autorità civili preposte all'Amministrazione dei territori occupati.
  Le operazioni di guerra da parte dell'Esercito Italiano in Jugoslavia ebbero inizio il 6 aprile 1941.- In base alle clausole dell'armistizio del 17 successivo, le forze armate italiane occuparono pacificamente il Montenegro, la Dalmazia e parte della Slovenia.- Quei territori pertanto diventarono zone di occupazione, dove vigeva lo stato di operazioni (articolo 15 della legge di guerra e di neutralità).- Quanto ai territori facenti parte dello stato indipendente Croato, essi non furono oggetto di vere occupazioni belliche, ma di semplice controllo; per cui le truppe italiane ivi dislocate vi rimasero come truppe straniere stanzianti in territorio amico.- I nostri soldati vennero accolti dappertutto con fiducia e, in alcuni casi con simpatia. Ed anzi in questo primo periodo di occupazione anche gli attriti latenti fra popolazioni di razza e religione diversa rimasero sopiti.-
  Nessun intralcio fu posto dalle Autorità italiane allo sviluppo delle attività locali e si venne in soccorso a quella parte della popolazione che maggiormente risentiva le conseguenze del conflitto, procedendo anche alla distribuzione gratuita dei generi alimentari ai meno abbienti, alla istituzione di centri sanitari, al miglioramento delle vie di comunicazione, intervenendo per sedare i dissidi fra le fazioni locali in lotta ecc. e porre un ostacolo alle violenze degli Ustascia regolari e irregolari che infierivano contro le popolazioni serbo ortodosse e gli ebrei, massacrando intere famiglie, incendiando e saccheggiando case e villaggi.
  Senonché presto tale situazione venne a cambiare, sino a capovolgersi totalmente pel concorso di varie cause.-
  In Croazia, particolarmente, l'azione delle nostre Autorità diretta a porre un freno alle violenze degli ustascia, mentre destava un sentimento di gratitudine da parte della popolazione serba, inaspriva l'elemento croato e lo stesso governo, influenzato anche dai tedeschi i quali vedevano di malocchio la protezione accordata dall'Italia alla popolazione serba ed ai cetnici.- La fine del 1941 segna l'inizio di una serie di violenze e di atti di atrocità contro le nostre truppe, che si accentuarono sempre più , specialmente quando entrò nel conflitto la Russia che godeva in Balcania larghe simpatie per ragioni razziali e politiche.- Gli atti di ostilità da prima compiuti da individui isolati e da piccoli gruppi, successivamente si intensificarono dando luogo anche ad operazioni di carattere militare.- Tali individui e gruppi non ebbero per molto tempo un legame fra loro e un'organizzazione collettiva: appartenevano a vari partiti, a razze e religioni diverse.- Tutti però erano solidali nel combattere ferocemente l'elemento italiano, usando un trattamento estremamente inumano contro coloro che cadevano nelle loro mani.- Diecine e diecine di militari italiani furono ritrovati con le membra spezzate, evirati, con gli occhi enucleati ecc.-
  Nell'estate del 1942, in conseguenza della situazione generale e sopratutto dell'entrata in guerra della Russia le formazioni ostili assunsero maggiormente consistenza e migliore organizzazione; fra esse primeggiarono quelle chiamate partigiane.- Il loro programma era quello della liberazione del Paese; non però in senso favorevole al governo Jugoslavo di Londra, ma bensì in senso internazionalista o filo-sovietico.-
  Di fronte a tale stato di cose l'atteggiamento delle Autorità italiane dovè successivamente inasprirsi per la tutela dei soldati e dell'elemento locale che ancora mostrava di nutrire della simpatia per il nostro Esercito.- Si ricorse prima a misure di prevenzione per passare poi a veri provvedimenti repressivi, quale l'internamento delle persone sospettate di partecipazione alla lotta partigiana o abitanti nelle vicinanze dei luoghi ove venivano compiuti atti di sabotaggio, ad operazioni di rastrellamento a breve e a largo raggio. ad azioni di rappresaglia per atti compiuti dal nemico in contrasto con le leggi di guerra.-
  In Slovenia si ebbe nei primi mesi di occupazione italiana, avvenuta nell'aprile del 1941 ad opera dell'XI° Corpo d 'Armata sotto il comando del generale ROBOTTI, una reciproca comprensione tra le nostre truppe e la popolazione locale, che preferiva il dominio dell'Italia a quello tedesco.- Le nostre Autorità attesero alla riorganizzazione civile, politica ed economica del Paese con piena soddisfazione degli abitanti.-
  Un tentativo di turbare tali buoni rapporti si ebbe da parte del Governo tedesco che si giovò anche di elementi comunisti, allo scopo di creare uno stato di fatto che obbligasse gli italiani a desistere dal suo atteggiamento amichevole e adottare forme di repressione analoghe a quelle messe in uso dalle truppe tedesche nei territori da loro occupati.- Ma anche qui fu l'entrata in guerra della Russia che determinò un grave cambiamento della situazione interna.- Il partito comunista sloveno intensificò la propria propaganda, esaltando il sentimento nazionale del popolo.- Così ebbe inizio quel movimento di rivolta, efficacemente sorretto e finanziato, che creò serio imbarazzo alle nostre truppe.- Per porvi un argine le Autorità italiane dovettero ricorrere a misure di prevenzione intese ad allontanare dalla Slovenia gli elementi più pericolosi. e alla istituzione di un Tribunale militare.- L'azione dei ribelli però progrediva, così da presentarsi nel secondo semestre del 1942 ben armata e provvista anche di una organizzazione logistica, per cui le nostre Autorità dovettero adottare provvedimenti di maggior rigore, per stroncare l'attività terroristica delle bande partigiane che conducevano una lotta spietata contro 1e truppe di occupazione.-
  In Dalmazia l'occupazione italiana di alcuni territori in conseguenza dell'accordo stipulato il 18 maggio 1941 col Regno Croato fu mal vista sin dal primo momento dagli stessi croati che iniziarono una propaganda a tinta nazionalista contro l'Italia e la sua permanenza in Dalmazia; propaganda che trovò subito l'appoggio della Germania cui premeva assicurarsi definitivamente quei vantaggi industriali di cui l'Italia era venuta in possesso.- Ma poiché non si raggiungeva lo scopo, si ricorse alla violenza, organizzando anche degli attentati con bombe e distruzione di opere pubbliche e di fabbriche e compiendo altri atti di terrorismo, ad opera, specialmente, di bande armate provenienti dal territorio croato.- Tali atti ebbero l'effetto di coprire di morte e di sangue una regione, dove la vita si svolgeva tranquilla e di obbligare molte famiglie a cercare scampo in altri territori.- Dopo l'agosto 1941 anche nelle province di Zara, Spalato e Cattaro la ribellione a sfondo nazionalista comunista dilagava fortemente; meno nella provincia di Fiume dove già cominciavano le prime infiltrazioni partigiane.- Tutto ciò rese necessarie delle azioni di rastrellamento intese ad arginare l'attività delle bande armate partigiane, furono inviati rinforzi di polizia da Roma.- Si creò dal Governatore della Dalmazia un campo di concentramento a Melata (Zara).-
  Nel Montenegro l'occupazione da parte delle nostre truppe, in base ad accordi con la Germania, fu eseguita pacificamente nell'aprile 1941.-
  La popolazione si mantenne dapprima tranquilla e rispettosa, verso le nostre autorità che si rivolsero subito a normalizzare la vita del Paese e a venire incontro alle necessità alimentari della popolazione.- La situazione parve così buona che l'Alto Commissario Italiano seguendo le direttive del suo Governo, volle iniziare un'azione politica tendente a far proclamare indipendente il Montenegro.-
  Tale azione da una parte e la dichiarazione di guerra alla Russia dall'altra spinsero i partiti nazionalista e comunista a coalizzarsi contro gli occupanti.- Il 13 luglio 1941, giorno in cui dovevano avere inizio le sedute della Costituente preparata dall'Alto Commissario per la dichiarazione d'indipendenza, scoppiò improvvisamente la rivolta- I piccoli presidi della Divisione Messina furono aggrediti e costretti ad arrendersi; ufficiali e soldati sorpresi in automezzi isolati vennero uccisi,- L'autorità militare italiana perdette il controllo della zona.- In vista di tale situazione il Generale PIRZIO BIROLI, comandante delle Forze Armate in Albania, ordinò al Generale Mentasti al quale inviò tutte le forze disponibili, di frenare la ribellione, usando il necessario rigore.- Le operazioni si svolsero nei mesi di luglio e agosto; nel settembre le truppe italiane riacquistarono il controllo dell'intera regione.- Il Generale PIRZIO BIROLI, sostituito dall'alto Commissario MAZZOLINI nel Governo del Montenegro, emise un bando di perdono generale, che però non ebbe l'effetto desiderato.- Forti nuclei d'insorti durante l'inverno 1941-42 iniziarono una serie di aspre azioni di guerriglia e riuscirono a isolare nuovamente qualche presidio italiano.-
  Il nuovo Governatore abbandonando l'idea separatista del Montenegro, in contrasto con la politica del Governo, riuscì a distaccare i nazionalisti dai comunisti ed ottenere l'appoggio dei primi, all'effetto di cacciare le bande partigiane comuniste dal Montenegro: le relative operazioni riuscirono nell'intento.- Altri tentativi operati nell'inverno del 1943 dalle truppe partigiane provenienti dalla Croazia, furono anch'essi frustrati, cosicché nel luglio di quell'anno il Paese riacquistò una certa tranquillità.- Il 20 luglio il Generale PIRZIO BIROLI per le sue divergenze di vedute col Governo di Roma venne sostituito da altri nella carica.-
  Nel periodo dell'occupazione italiana gravi e numerosi sono gli atti di ferocia commessi dai partigiani contro i militari da essi catturati: motivo per cui le nostre autorità dovettero adottare dei provvedimenti di rigore che, in altre condizioni, si sarebbero dovute senz'altro considerare eccessivi.-
  Tutte le suddette circostanze di fatto sopra ricordate portano senz'altro a respingere l'accusa che viene mossa dalla Commissione d'inchiesta Jugoslava alle Autorità civili e militare italiane di essersi abbandonate ad una sistematica intensa persecuzione dell'elemento locale col determinato proposito di annientare la popolazione jugoslava.-
  Tale accusa, la cui esagerazione basterebbe, di per se stessa, a dimostrare la poca verosimiglianza, si manifesta poi addirittura, assurda al lume dei fatti diligentemente accertati e serenamente vagliati.-
  A prescindere, invero, dall'indole degli Italiani, alieni, per il loro tradizionale senso di umanità e giustizia, da quegli atti di crudeltà; e da quegli eccessi che vengono loro addebitati, è dimostrato da una larga documentazione che le rappresaglie più feroci e spietate, gli assassini più atroci, le barbare distruzione di interi villaggi e di edifici di ogni specie, che ora vengono attribuiti agli italiani, furono invece commessi dai gruppi etnici e religiosi in lotta fra loro.- Le nostre Autorità di occupazione ebbero anzi ad intervenire per porre un freno a tali eccessi e per tutelare, come si é accennato, la vita del militari italiani e della popolazione per assicurarle una vita pacifica: circostanze queste in assoluto contrasto coi propositi di distruzione che si vogliono loro attribuire.-

Parte speciale

  Delineato così il quadro generale dell'ambiente in cui vennero a trovarsi le truppe italiane in Jugoslavia, questa Commissione è passata all'esame specifico del comportamento dei singoli, militari e civili, che comunque ebbero a svolgere la loro attività in quei territori, portando anzitutto la sua attenzione su coloro sui quali, per ragione del loro ufficio, incombevano le maggiori responsabilità.-

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Questo documento era stato acquisito su richiesta di Luigi Gasparotto, mentre ricopriva la carica di Ministro della Difesa, e gli venne consegnato il 21 marzo 1947; si tratta di uno stralcio della Memoria redatta dalla Commissione d'inchiesta per i presunti criminali di guerra italiani, probabilmente con funzione di esplicito indirizzo nella conduzione dei lavori della stessa.


Fonte: Fondo Gasparotto b. 9 fasc. 35, presso archivio Fondazione ISEC (Istituto per la Storia dell'Età Contemporanea), Sesto S.Giovanni (Mi).