Crimini di guerra


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Un pezzo nascosto di storia italiana del Novecento
L’economia in Jugoslavia (1946-80)

Il rifiuto di Tito nel 1948 di aderire ai piani staliniani di “divisione del lavoro” previsti per i diversi stati del blocco orientale comunista, portò dapprima la Jugoslavia ad essere esclusa da qualsiasi collaborazione economica con l’Unione Sovietica, e poi nel giro di pochi mesi ad essere anche espulsa dal Cominform(Ufficio di Informazione Comunista con sede a Mosca), che riuniva tutti i partiti marxisti di osservanza stalinista nel mondo.

La Jugoslavia venne quindi isolata dal mondo comunista, ma riuscì a resistere alle pressioni sovietiche ed anzi nel 1953 si avvicinò alla Nato, firmando nel febbraio di quell’anno il Trattato di Ankara con Grecia e Turchia, stati aderenti al Patto atlantico (NATO). Il trattato stabiliva una sorta di cooperazione tra i tre paesi, che arrivarono nell’agosto del 1954 anche alla stipula di un’alleanza militare, il Patto Balcanico, che nell’ottica degli USA avrebbe dovuto integrare la Jugoslavia nel dispositivo di sicurezza occidentale.
Probabilmente Tito però desiderava solo tutelarsi da un possibile attacco sovietico, in quanto già l’anno successivo aderì alle proposte della conferenza di Bandung in Indonesia, dove furono poste le basi per la nascita del Movimento dei non allineati, allontanando in questo modo anche possibili tentativi egemonici da parte degli USA attraverso l’Alleanza Atlantica.

Una volta che ebbe sperimentato con successo una linea autonoma in politica estera, la dirigenza jugoslava avviò un nuovo corso anche in politica interna, tentando di trovare una via mediana tra statalizzazione totale ed economia di mercato.
In campo economico infatti si favorì l’autogestione delle imprese da parte di direzioni aziendali e consigli di fabbrica, autogestione basata però sulla concorrenza in un sistema di prezzi liberi.
Quello che dagli anni ’60 sarebbe poi stato chiamato “modello jugoslavo” rappresentò quindi il primo esperimento di revisione del modello collettivistico sovietico.

Questo nuovo modello economico incontrò però diverse difficoltà nel lungo periodo, e ancora alla morte di Tito nel 1980 buona parte della popolazione della Federazione lavorava nei campi o era impiegata nelle industrie belliche.
A peggiorare il tenore di vita poi negli anni ’80 si aggiunse una maggiore apertura all’economia di mercato; questo portò con sé fenomeni speculativi e disoccupazione, strettamente legati anche al diffondersi della corruzione tra i dirigenti politici e aziendali, che iniziarono a tessere forti reti di rapporti di scambio con i quadri militari dell’Armata Jugoslava, in maggioranza serbi. Questi egami si sarebbero poi rivelati determinanti per le sorti dei conflitti nazionalistici degli anni ’90.


Bibliografia:

- J.PIRJEVEC, Tito e i suoi compagni, Einaudi, Torino 2015.

- G.SABBATUCCI-V.VIDOTTO, Il mondo contemporaneo. Dal 1848 a oggi, Laterza, Bari 2007.

- A.BEST-J.HANHIMAKI-J.MAIOLO-K.SCHULZE, Storia delle relazioni internazionali. Il mondo nel XX secolo e oltre, Utet, Novara 2014.

- F.TORCOLI, Il processo d’integrazione balcanico e l’Italia 1952-1954, “Italia contemporanea”, n.206 marzo 1997, pp. 44-64.